Partire |
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Partire, per me è sempre stata una fatica enorme. Per me, che da oltre trentaquattro anni frequento la Gente del Circo e del Lunapark, significa che non ho capito ancora nulla da queste persone perennemente in partenza, mai arrivate in nessun luogo di questo mondo. Non ho ancora capito nulla sulla verità del senso della vita. Tendiamo a mettere radici, cerchiamo stabilità, fissiamo dei punti di riferimento fisici, viviamo con i riflessi condizionati dagli ambienti e dai luoghi. La Vita ci costringe a capire che sono altri i luoghi dove fissare le radici. Più volte ho citato don Calabria che diceva che noi uomini siamo (o dovremmo essere) come alberi capovolti che sanno dare frutti sulla terra ma che hanno le radici ben piantate in cielo … ci riusciremo mai? I miei amici non partono e non restano, hanno scoperto la leggerezza della vita. Superano gli ostacoli con fatica “leggera”, sono educati, fin dalla tenera età a rompere le regole della gravità, dell’equilibrio, delle età, delle origini, delle religioni, della separazione tra animali … acquisendo della vita un senso leggero di cui, noi “rispettabile pubblico” si può ridere fragorosamente, e sanno suscitare emozioni che ci alleggeriscono dentro. Questo ho tentato di fare, il più delle volte non capito, neppure da chi mi ha voluto molto bene, ma non da chi ha l’unico essenziale punto di riferimento nel rapporto umano, senza orpelli. Può essere sembrato inutile e costoso girare l’Italia ed incontrare questa gente, passare del tempo con loro, guardarli, scambiare delle parole “leggere” di antica saggezza. Inaspettatamente ho raccolto un bagaglio ricco di umanità di cui fare tesoro e tentare a mia volta di offrirlo, ma chissà perché parlare di Circo e di clown mette in moto una serie di pregiudizi e sei guardato col sorriso a fior di labbra. Pazienza: Quidquid recipitur ad modum recipientis recipitur ! Prendo la valigia (ed il porta computer) e vado, non so ancora dove … a Livorno, certamente, dove sono nato e cresciuto, dove ho conosciuto la Chiesa e sono diventato prete, ma nell’incertezza di un incarico che, nonostante la paventata fretta, ancora non si delinea all’orizzonte. Pronto – spero – di riprendere quella valigia per dove il Signore mi chiamerà a servirlo. I cinque anni di Roma, la cui interruzione sto vivendo come ingiusta violenza, mi hanno insegnato ad avere uno sguardo ampio sul mondo, ma anche di diffidare di chi vuol stringere il pugno del potere.
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25 giugno 2011 - lasciando l'Ufficio della Migrantes |